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Catartica

Aperto da Pasquino, 12 Dicembre, 2019, 09:57 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

Pasquino

Spesso penso che la musica sia catartica, che aiuti il musicista a ricollegarsi con una parte intima di sè e lo depuri da ciò che di superfluo ogni giorno ci imponiamo di pensare. È una sensazione che è difficile da spiegare, uno stato alterato di coscienza, che anche chi ti ascolta percepisce e vive tanto quanto te che suoni.
Credo che nella didattica della musica questo aspetto sia del tutto ignorato, mentre andrebbe approfondito e conosciuto.
Cosa ne pensate?
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra. (Amico Fragile - F. De Andrè)

Max Maz

Totalmente d'accordo.
:mypleasure:
Ancora oggi non capisco cosa siano esattamente la virtù e l'errore (FdA)



Santano

La vedo come un fatto estremamente soggettivo, impossibile da applicare nella didattica

Max Maz

Si può insegnare ad ascoltare, ascoltare davvero ed anche a cercare.
Ancora oggi non capisco cosa siano esattamente la virtù e l'errore (FdA)


robland

Citazione di: Pasquino il 12 Dicembre, 2019, 09:57 AM
Spesso penso che la musica sia catartica, che aiuti il musicista a ricollegarsi con una parte intima di sè e lo depuri da ciò che di superfluo ogni giorno ci imponiamo di pensare. È una sensazione che è difficile da spiegare, uno stato alterato di coscienza, che anche chi ti ascolta percepisce e vive tanto quanto te che suoni.
Credo che nella didattica della musica questo aspetto sia del tutto ignorato, mentre andrebbe approfondito e conosciuto.
Cosa ne pensate?

Caspita... Non ci avevo mai pensato. Insegnare una sensazione che tu stesso definisci "difficile da spiegare". Anche perché i gusti sono così disparati ed è anche difficile trovare persone giovani che non li contrappongano a quelli degli altri, ma abbiano una visione ampia.

Pasquino

Non credo sia una cosa solo soggettiva, ma sicuramente non è razionale come una scala, e per questo non si può insegnare con un metodo tipo "io dico, tu fai" ma servono capacità diverse da parte del maestro, empatia e maieutica, fare emergere quello che ognuno di noi ha dentro, e che, una volta espresso viene compreso anche dagli altri.

Alcune persone ci sono più portate, altre meno, ma se la musica ci unisce non è grazie allo spartito, ma al brivido sotto pelle, alle emozioni che ci suscita.

Forse al giorno d'oggi tendiamo a ritenere la musica troppo fine a se stessa, non come parte di un sentire comune che ci lega al mondo che ci circonda.

In alcune culture, tra le quali la nostra, la musica è terapia e religione, serve a farci crescere come persone
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra. (Amico Fragile - F. De Andrè)

Mimmolo

È sulla maieutica che mi areno[emoji23][emoji23][emoji23]
Scherzo, ma non conosco questo termine.
Invece sul concetto di valvola di sfogo è una vita che la utilizzo.
Chissà insegnarla?
Magari insegnare a riconoscere le nostre emozioni e ciò che le scatena...
Interessante conoscere il parere di tutti


Elliott

La frase "fa' che la musica superi il rumore dei pensieri" è una frase che nasce in latino per cui, è aspetto noto da secoli

L'aspetto su cui invece ho qualche dubbio è che questa cosa arrivi a chi ascolta. L'ascoltatore, a differenza del musicista, è egoista e quando ascolta, è concentrato sulle proprie sensazioni di benessere. Ergo si, sono d'accordo dovrebbe essere elemento di didattica ma, andrebbe istituita una didattica anche per l'ascolto

robland

Pasquino, da quando hai aperto questo topic sono tornato più volte a ripensare a quanto hai scritto, ma ogni volta mi sento di sbattere contro un muro. Come se mi sfuggisse qualcosa. Questa catarsi di cui parli è così indefinita che non so se intendiamo la stessa cosa. E se è così indefinita, coma la si può insegnare?

Pasquino

Citazione di: robland il 14 Dicembre, 2019, 12:40 AM
Pasquino, da quando hai aperto questo topic sono tornato più volte a ripensare a quanto hai scritto, ma ogni volta mi sento di sbattere contro un muro. Come se mi sfuggisse qualcosa. Questa catarsi di cui parli è così indefinita che non so se intendiamo la stessa cosa. E se è così indefinita, coma la si può insegnare?

La frase che ha citato prima Elliott è interessante, perchè ci riporta a qualcosa che non è razionale ma ugualmente comprensibile.

Ci sono delle cose che sono indefinite, anzi, sono la maggior parte delle cose della vita, ma ugualmente noi da esseri umani ne seguiamo i dettami, ad esempio come comportarsi con le persone che non conosci, oppure come prestare attenzione quando sentiamo qualcuno che per strada grida.

Pensa a questa cosa: quando vedi una persona camminare, già solo da quello capisci se è rilassata, tesa, se ha fretta, se è in vacanza o sta andando a lavoro, eppure non te l'ha insegnato nessuno, e lui non sta facendo nessuno sforzo per insegnartelo. Lo capisci e basta.

Ecco, lo sforzo è uscire dalla dialettica insegnante-allievo forse, mettersi sul piano persona-persona, per essere ascoltatori e ascoltati allo stesso tempo, e insegnare allora diventa cogliere questi momenti nell'altra persona e farli uscire sempre più fuori, in modo che la persona stessa ne sia sempre più consapevole.

Per me la musica ha questo grande potere. Forse non a tutti, ma a molti "per Elisa" arriva e comunica sensazioni, emozioni di malinconia, intimità, insomma, non resti indifferente. Certo, non tutti siamo Beethoven...

Ma tu cosa intendi invece?
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra. (Amico Fragile - F. De Andrè)

Elliott

Interessante quest'ultimo post, Pasquino. Mi chisrisce meglio in concetto e rinforza la mia convinzione circa la scarsa attitudine all'ascolto passivo. Che sia musica o dialogo, ascoltiamo mentre siamo concentrati su noi stessi...sulle sensazioni "che ci servono".

:thanks:

robland

Citazione di: Pasquino il 14 Dicembre, 2019, 01:49 AM
Citazione di: robland il 14 Dicembre, 2019, 12:40 AM
Pasquino, da quando hai aperto questo topic sono tornato più volte a ripensare a quanto hai scritto, ma ogni volta mi sento di sbattere contro un muro. Come se mi sfuggisse qualcosa. Questa catarsi di cui parli è così indefinita che non so se intendiamo la stessa cosa. E se è così indefinita, coma la si può insegnare?

Ma tu cosa intendi invece?

Io non lo so, Pasquino! Lo ammetto. È tutto così incredibilmente personale...
Ascolto musica da... trent'anni? E per me la passione dell'ascolto viene prima della passione del suonare uno strumento. Forse senza suonare potrei sopravvivere (quante volte avevo deciso di smettere!  :sarcastic:), ma non senza ascoltare musica.

Quindi sarei d'accordo con Elliott: l'educazione all'ascolto prima di tutto.

Come spiegare agli altri questa catarsi? Proprio non ne ho idea. La musica per alcuni è un evento che ha luogo a febbraio: il festival di Sanremo. Per altri è un format: X Factor.
Non c'è nessuna critica in questo che scrivo. Va benissimo il festival e il format. Ma di sicuro non so come possano alcuni vivere bene senza ascoltare musica tutto l'anno, anche e soprattutto al di fuori della tv.

O forse abbiamo torto io e Elliott? Magari è meglio affrontare questo tema tra musicisti, come dici tu nel primo post, quando almeno una passione comune già esiste e quindi un minimo comune denominatore c'è.

Io so solo che da trent'anni è come se in fondo non facessi altro che indagare e razionalizzare la mia prima sensazione, pre razionale, legata alla musica che ascoltai per la prima volta e che tanto mi fece esaltare! Da allora leggo tanto, ascolto tanto, suono, cerco strumenti: è una ricerca continua, un'indagine. Proprio questa ricerca mi ha portato ad invertire il metodo: anziché avere l'umanissima frettolosa ansia di giudicare, scelgo (fallendo spesso) l'umile ansia di non giudicare, l'entusiasmo della ricerca collocata prima della (in)cultura della diffidenza.

Come, dove e perché c'è questa catarsi non lo so, per questo sbatto contro un muro.

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