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Il vero artista : talento, studio e impegno?

Aperto da Vu-meter, 24 Marzo, 2019, 08:34 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Vu-meter

Ho sempre pensato che il talento sia una cosa assai rara. Essendo consapevole di esserne privo, ho sempre cercato di colmare tale mancanza con lo studio, le prove, l'analisi, ecc.

Spesso, chi non conosce Hendrix, crede che sia stato un grande chitarrista che non avesse studiato affatto e che il suo incredibile talento non fosse, per così dire, 'condito'. In realtà, Hendrix aveva preso lezioni e soprattutto, aveva fatto esperienza in jazz band nei locali, che era ed è, una incredibile palestra.

A prescindere da Hendrix, non vorrei che questo topic si centrasse su Hendrix, ma fosse generico.

Ad esempio, Battisti era certamente un talento, ma stando a Mogol era anche uno che studiava moltissimo.





Voi cosa ne pensate ? Credete che il talento puro possa essere sufficiente (ad esempio per diventare dei capiscuola di qualcosa) o pensate che vada sempre e comunque coadiuvato dallo studio, dall'analisi, ecc..?
"Chi è lento all'ira è migliore di un uomo potente, e chi controlla il suo spirito di uno che cattura una città." Proverbi 16:32
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Grand Funk

Il talento è fondamentale per emergere, ma secondo me, sicuramente meglio se coadiuvato dallo studio, perchè lo studio ampia il bagaglio tecnico del musicista.

Ho visto quella puntata di " Che tempo fà " dove Fazio intervista Mogol, Battisti sicuramente era un talento, ma come dice Mogol, non studiava la tecnica musicale nello specifico, ma studiava e analizzava i musicisti,


Elliott

Lo studio affina il talento ma, sono convinto che se lasciato arido, trovi comunque il modo di emergere.
Con qualche menomazione...con qualche limitazione ma, il genio verrà comunque fuori e lo imporrà sull'arte praticata.

Lo studio senza talento invece, genera bravissimi interpreti.


...e poi, ci sono io   :facepalm2:

Black Ice

Io invece credo che senza studio il talento da solo non porti lontano e nello sport l'ho potuto verificare spesso da vicino.
Secondo me, il talento è indispensabile per diventare un numero uno ma solo se associato allo studio, alla volontà di capire, di migliorarsi ed anche a quella di emergere.

Vu-meter

Citazione di: Elliott il 24 Marzo, 2019, 09:13 PM

...e poi, ci sono io   :facepalm2:



... E io, che non sono riuscito neppure a fare questo:


Citazione di: Elliott il 24 Marzo, 2019, 09:13 PM

Lo studio senza talento invece, genera bravissimi interpreti.



:cry2:
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zap

Citazione di: Elliott il 24 Marzo, 2019, 09:13 PM
Lo studio affina il talento ma, sono convinto che se lasciato arido, trovi comunque il modo di emergere.
Con qualche menomazione...con qualche limitazione ma, il genio verrà comunque fuori e lo imporrà sull'arte praticata.

Lo studio senza talento invece, genera bravissimi interpreti.


...e poi, ci sono io   :facepalm2:

D'accordo con Elliott,questa qualità è presente e visibile in chi ce l'ha,poi dipende dalle aspirazioni ed ambizioni che uno ha,studiando riuscirà senz'altro ad imparare più in fretta e meglio,rispetto a chi ne è privo.

luvi

Per lungo tempo la percezione comune è stata quella che un rocker o un bluesman non avessero bisogno di studiare (alcuni pensavano perfino che "si rovinassero" studiando), mentre un musicista classico oppure un jazzista siano costretti a farlo. Poi sono arrivati i generi iper-tecnici a sdoganare il "tecnicismo" (molto meno sano della conoscecnza musicale in senso ampio, imho) nel campo extra-classico ed extra-jazzistico.

A mio parere quando l'ambito musicale appartiene ad un contesto anche solo parzialmente commerciale occorre semplicemente distinguere i fenomeni mediatici (del presente o del passato poco importa) dagli artisti "veri".

I primi, indipendentemente dal filone musicale di appartenenza, non sempre hanno alle spalle uno studio serio o doti di grande spessore e spesso sfruttano qualità "periferiche" rispetto alla musica, ma utili nel campo dello spettacolo: dalla simpatia alla prestanza fisica, dalla presenza scenica all'eccentricità o al carisma nei confronti del pubblico e così via.

I secondi costruiscono pazientemente il proprio "essere artisti" attraverso lo studio metodico e puntiglioso delle tecniche e dei linguaggi, affiancandolo al prezioso talento che indubbiamente possiedono e che soltanto grazie a quello studio può essere espresso nella sua pienezza. Spesso, per i meccanismi che ben conosciamo, sono molto meno famosi dei primi!

Ci sono alcune eccezioni a questa regola dovute sia al contesto storico che a quello musicale: certi bluesman della prima ora, ad esempio, hanno condizionato l'evoluzione del linguaggio musicale grazie al loro grande talento senza che esso fosse supportato da padronanza tecnica particolare o da qualsivoglia tipo di studio.
Ma sono, appunto, eccezioni!
Un grande e famoso bluesman di successo come B.B.King dichiarò più volte in carriera il suo rammarico per non riuscire a dialogare come avrebbe voluto con i grandi musicisti con i quali veniva a contatto e la difficoltà a far evolvere il proprio stile a causa della sua scarsa conoscenza della musica e delle sue regole.  :etvoila:

Altre eccezioni sono rappresentate da fenomeni musicali nati per protesta o con intenti di rottura e dissacrazione: il primo punk, ad esempio, era un movimento di rottura sociale e gruppi come i Sex Pistols dichiaravano senza mezzi termini di "non essere capaci" a suonare perché non era importante ai fini del messaggio da comunicare...

Oggi siamo in un periodo storico ancora differente e la fanno da padrone generi nei quali si preme un tasto per far partire una sequenza in automatico oppure si crea una canzone propria con frammenti di musica scritta e suonata da altri, perfino in altre epoche, magari parlottandoci sopra più o meno a tempo... difficile capire se per far ciò occorra studio, talento o semplicemente un minimo di pratica.

D'altra parte la musica è sempre espressione della società nella quale chi la fa vive e quindi ho smesso di chiedermi se questi fenomeni siano evolutivi o piuttosto involutivi (o meglio, mi sono dato una risposta del tutto personale).

Fatto sta però che le mode passano e la musica di spessore invece resta per sempre: così è (e sono semplici esempi) per i pezzi mal registrati dei primi ed illetterati bluesman, per le cervellotiche ed irriverenti fughe di JS.Bach, per le linee visionarie di Charlie Parker, per la forza dirompente di Hendrix o per la genialità compositiva del Bolero di Ravel.  ::)

E per fare musica "di spessore" occorrono immancabilmente talento, gusto, conoscenza dei linguaggi e tanto... tanto studio.  :etvoila:
Non sempre la realtà dei fatti è affascinante, ma cercare di ignorarla è poco saggio.


Mimmolo

Io vedo la cosa a modo mio.
Il talento spesso lo si eredita, lo hanno i figli di grandi artisti, a volte.
Quindi una componente importante è innata nelle persone.
A seguire direi che più che lo studio sia la pratica assidua dello strumento a rendere forte un artista.
Ma la pratica contempla un'integrazione forte con gli altri artisti e con il pubblico.
E capire cosa funziona e cosa no e saper costruire musica migliore tenendo presente queste 2 componenti fondamentali, pubblico e artisti consonanti ai quali aggiungo pure l'imparare ad esprimere le proprie emozioni personali ed intime, tutto questo rende grande un'artista.
Poco importano le ore passate a studiare da soli modi e scale.
Queste cose servono a rincuorarci quando siamo svuotati o perdiamo fiducia; imparare qualcosa mette di buon umore.

Moreno Viola

Secondo me facciamo l'errore di restringere il concetto di studio esclusivamente alla didattica e quindi al ricorso ad un insegnante o comunque ad un metodo certificato.

Fermo restando che il confronto con una persona che pratica qualcosa meglio di noi ed è in grado di trasmettere il proprio sapere è sempre un'esperienza formativa ed indubbiamente utile a trarre frutti dal proprio talento, credo che esistano forme di studio alternative e che sono la base della nostra esistenza.

Se nasco in un contesto in cui l'istruzione di chi mi cresce è lacunosa, il richiamo di un qualche talento sarà la molla che mi spingerà ad esplorare al di fuori di quei confini che il caso sembra avermi assegnato.

In caso contrario potrei non avvertire questa necessità e non pormi neppure il problema, ma sono certo che al primo segnale che possa risvegliare qualche inclinazione che magari per qualche motivo giaceva sopita, tornerei a perseguire l'obbiettivo di crescere.

Io sono certo che dietro ai quattro accordi del buon gruppaccio rock, non c'è soltanto quello che riusciamo a cogliere in superficie, ma al contrario la necessaria consapevolezza utile a scrivere composizioni efficaci per quel determinato genere.

Che poi sia un linguaggio più limitato rispetto al Jazz o alla Classica è un dato di fatto, ma per quanto mi riguarda rispetto come Artista Johnny Ramone non meno di quanto posso fare per Miles Davis o Joahn Sebastian Bach. 
Chi semina vento, raccoglie tempesta.


guest2683

La parola artista è legata alla creatività. Il solo talento può anche essere meramente tecnico ed esecutivo.
Se le due cose si ritrovano nello stesso soggetto, cosa rara, si ha l'artista talentuoso.
L'artista di talento nasce innanzitutto con una forte creatività, che altro non è che fortissima urgenza comunicativa, talmente forte dall'essere prossima all'ossessione, al non poter cioè rinunciare alla propria vocazione artistica.

Ad essa (la creatività), come dicevo, si può unire il talento ovvero la capacità di acquisire un'abilità tecnica in un tempo minore rispetto a quello impiegato dalla gente comune.
Quindi esercizio tanto, ma la resa è superiore a quella di chi si è esercitato per un analogo tempo, proprio in virtù del talento innato di partenza, soprattutto se accoppiato alla creatività.
Un mix mostruoso. Tant'è vero che solitamente le due cose le si trova separate. Esistono numerosissimi artisti privi di talento esplosivo e creatività inesauribile. Esistono talentuosi privi di esplosiva creatività.

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